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Rigopiano, “è stato aperto un varco”, “fatti che gridavano vendetta”

Il commento alla sentenza d’appello di uno dei legali delle famiglie e della madre di una delle vittime

redazione
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Nella tragedia di Rigopiano "c'erano fatti che gridavano vendetta, come il non avere agito, nonostante le segnalazioni giunte tre giorni prima, ed anzi avere finto di avere fatto il proprio dovere, cercando poi di nascondere le proprie responsabilità": a dirlo è l'avvocato Giovanni Ranalli che rappresenta i familiari di una delle vittime, Alessandro Riccetti, trentatreenne di Terni che lavorava nell'hotel di Farindola come receptionist. Lo ha detto parlando con l'ANSA. 

Al termine del processo d'appello la Corte di L'Aquila ha deciso per otto condanne e 22 assoluzioni. 

Riferendosi alla sentenza, l'avvocato Ranalli ha parlato di "una bella giornata". "Perché - ha affermato - non solo c'è la conferma delle condanne inflitte in primo grado, ma anche ulteriori, fra cui quelle dell'allora prefetto di Pescara Provolo e dell'ex capo di gabinetto della prefettura Bianco, anche per la mancata apertura della 'cabina di regia' necessaria per procedere alle operazioni di soccorso".  "È un passo avanti ma non facciamo certo salti di gioia perché nessuna sentenza ci restituirà mai l'amore dei nostri cari. Però è stato aperto un varco, è stata riconosciuta una responsabilità istituzionale e siamo un po' più sollevati": a parlare con l'Ansa è Antonella Pastorelli, madre del ternano Alessandro Riccetti, morto nella tragedia del Rigopiano. "Poteva andare meglio, ma anche peggio: la sentenza di primo grado in questo caso era stata esemplare" ha aggiunto. "Temevamo che potesse ripetersi quella situazione - ha detto ancora Antonella Pastorelli - invece i giudici dell'appello hanno riconosciuto che i nostri cari potevano essere salvati. Purtroppo non è stato fatto ciò che era nelle possibilità, ci sono state evidenti mancanze. E la giustizia questa volta si è avvicinata alla verità dei fatti". 
    

(Ansa Abruzzo)

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