Il 18 febbraio di novantasette anni fa nasceva a Vienna Hans Asperger, pediatra e accademico. Nel 1944, mentre la Seconda Guerra Mondiale insanguinava ancora l’Europa, pubblicò il saggio divenuto nei decenni punto di riferimento per la descrizione dei sintomi dell’autismo. Da quello studio partì il riconoscimento di quella che, anche oggi, viene definita “sindrome di Asperger”. Anche se i frutti del suo studio trovarono ampia diffusione solo dopo la sua morte, nel 1980, la prima scienziata ad utilizzare il termine “sindrome di Asperger” è stata la ricercatrice britannica Lorna Wing. Il termine “sindrome di Asperger” è stato sostituito a livello medico-scientifico da “disturbo dello spettro dell’autismo” dieci anni fa.
“Fino al 2013 l’Autismo era identificato come un disturbo pervasivo dello sviluppo e la sindrome di Asperger veniva identificata come una particolare e specifica forma di Autismo – ricorda Marie Hèlène Benedetti, presidente dell’associazione Asperger Abruzzo - aprendo il vecchio manuale diagnostico quindi avrei trovato la sezione dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo, e poi le varie categorie, fra cui quella della Sindrome di Asperger”. In quell’anno con il nuovo “Manuale statistico e diagnostico delle malattie Mentali, DSM 5”, la Sindrome di Asperger “è stata eliminata come categoria diagnostica” in quanto “la scienza ha valutato che l’autismo è costituito da caratteristiche che si distribuiscono nella popolazione con diverse necessità assistenziali, e con il nuovo manuale diagnostico sono stati inglobati tutti in una sola unica grande categoria, definita Disturbi dello Spettro dell’Autismo, che ingloba e comprende tutte le forme di autismo prima distinte”.
Oggi al posto della definizione di “Sindrome di Asperger” esiste quindi quella di “disturbo dello spettro autistico di livello1, senza compromissione intellettiva e del linguaggio associata”. Un “passaggio storico” fondamentale “per le persone asperger” che “ha dato loro la possibilità di rientrare pienamente a beneficiare di tutti i diritti della categoria di cui, in realtà, fanno parte” aggiunge Marie Hèlène Benedetti.
“Purtroppo, nello stigma popolare e a volte anche nella mancanza di preparazione di alcuni medici, si tende ancora a riconoscere solo l'autismo non verbale, associato a ritardi cognitivi e con bisogni intensivi maggiori, e questo continua a creare gravissime conseguenze per tutta la categoria dei soggetti con bisogni intensivi minori, ma non di certo privi di difficoltà e necessità – sottolinea la presidente di Asperger Abruzzo - questa grande rivoluzione diagnostica ha anche, purtroppo, penalizzato tutte le persone autistiche prive di compromissioni, si sta scoprendo infatti che il mondo è popolato da persone neurotipiche e persone neurodiverse, entrambe possono avere disturbi associati alla loro neurotipicità, o alla loro neurodiversità, e nel caso degli ex Asperger senza sofferenza e necessità di supporto oggi non c'è più possibilità di diagnosticarle, infatti, una delle componenti del manuale diagnostico è quella della sofferenza per via della condizione, se non c'è sofferenza al momento della diagnosi, non c'è l'autismo, e questo è un grave problema, perché non giustifica la persona che ha delle difficoltà ad adattarsi al mondo in cui viviamo e che oggi è solo a misura dei neuro tipici”.
“La diagnosi, per la maggior parte degli adulti, è un sospiro di sollievo, il perché di una vita diversa, di un comportamento diverso alla tipicità. Non avere diagnosi significa non poter capire come funzioniamo, e quindi non poterlo spiegare alle persone che ci circondano, significa dover fingere con centinaia di maschere sul viso per risultare adeguati alla società – la riflessione di Marie Hélène Benedetti - moltissimi adulti hanno ritrovato benessere anche solo con la diagnosi, hanno salvato rapporti con il coniuge grazie alla consapevolezza, hanno salvato rapporti sociali capendo come far fronte alle loro difficoltà”.
A molti di questi adulti vengono diagnosticate ansia sociale o depressione, “si chiudono in loro stessi inconsapevolmente” e “vengono farmacolizzati”. Invece “a volte basterebbe la consapevolezza e conoscenza della loro condizione per vivere meglio” e “dalla diagnosi con relativa conoscenza della propria condizione” molte persone hanno trovato “un maggior benessere e una maggiore adattabilità”.
“Quindi oggi, nella giornata mondiale della Sindrome di Asperger – conclude la nota - vogliamo ricordare al mondo che l'Autismo non è solo sofferenza, non è solo compromissione, l'autismo è anche in quelli che ogni giorno sopportano in silenzio le difficoltà che il mondo non gli riconosce”.