Continuano gli stop alla produzione nello stabilimento Sevel di Atessa e le cause sono sempre le stesse: la mancanza di componenti elettronici da inserire nei furgoni prodotti. È arrivato l’annuncio di una nuova sospensione delle attività di produzione a partire dal primo turno del 31 agosto, alle ore 05:45, fino a sabato 3 settembre.
Il ritardo nella consegna di questi semilavorati è certamente da attribuire al contesto internazionale a causa, principalmente, dell’attacco russo all’Ucraina. La Russia ricordiamo, è uno dei maggiori esportatori di metalli rari come il nichel e il palladio.
Questi metalli sono essenziali per la produzione dei componenti elettronici nel settore automotive e non solo; quindi, ora possiamo capire quando la crisi ucraina stia incidendo in maniera profonda sulle forniture e i ritardi.
Le sanzioni economiche, imposte dai paesi occidentali alla Russia di Putin, ricadono inevitabilmente sulla produzione dei componenti elettronici, le cui parti sono fabbricate a partire da queste leghe metalliche.
Inoltre, a complicare il momento c’è la crisi taiwanese tra la Repubblicana Popolare Cinese e il piccolo stato insulare, appoggiato dagli Stati Uniti del presidente democratico Biden. Taiwan rappresenta un tassello fondamentale nella crescita tecnologia delle due superpotenze, poiché proprio qui si trova l’azienda “Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (Tsmc).”
Questa azienda rappresenta un colosso mondiale nel mercato fondiario globale dei semiconduttori che compongono i microchip. All’interno di questo settore l’impresa, con base a Hsinchu, copre il 54% dell’intero mercato.
Una situazione che preoccupa fortemente anche i sindacati che temono per la perdita di occupati all’interno della Sevel e dell’intero indotto.
“L’ennesima fermata della Sevel conferma gli effetti negativi di una crisi che dura da oltre 2 anni. – afferma Nicola Manzi, segretario della Uilm Chieti – Pescara - La mancanza di microchip e componenti toglie lavoro e riduce drasticamente lo stipendio dei lavoratori con il continuo ricorso alla cassa integrazione. La Sevel non riesce ad avere continuità produttiva nonostante abbia commesse e ordinativi, un danno enorme per i circa 20.000 addetti tra Sevel e l’indotto e per l’economia abruzzese.”